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Il diritto di contare

Anna Amore e Valentina Ripani

“Il diritto di contare” è un film statunitense del 2016 tratto da una storia vera e diretto da Theodore Melfi.
Questo film racconta la storia di Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson, tre ragazze afroamericane che lavoravano alla NASA.

Erano delle scienziate e matematiche superintelligenti e il lavoro che veniva loro assegnato riuscivano a finirlo prima del previsto.
C’era un unico problema: nel 1961 negli Stati Uniti c’era ancora la segregazione razziale, ossia i neri erano separati dai bianchi e avevano minori diritti, non avevano accesso a strutture e servizi come alloggi, cure mediche, istruzione, lavoro e trasporti.
Katherine fu la prima persona di colore a lavorare nel team che si sarebbe occupato di lanciare nello spazio la capsula pilotata dall’astronauta John Glenn.
Si accorse di non essere accettata fin da subito, perché già dal suo primo giorno di lavoro nessuno toccava più la caraffa del caffè dopo che lo aveva fatto lei e perché non poteva partecipare alle riunioni. Si doveva assentare dal lavoro per molto tempo, perché non poteva andare in bagno nell’edificio: lì era riservato esclusivamente ai bianchi. Quando il suo capo se ne accorse, la sgridò. Allora lei gli raccontò il motivo per cui restava via così a lungo: per arrivare ai bagni pubblici doveva fare un chilometro a piedi sia all’andata che al ritorno!
Siccome era la più brava matematica del gruppo e non poteva fare a meno di lei, il suo capo andò davanti al bagno riservato alle donne bianche e levò dalla parete il cartello di divieto, aggiungendo: “La pipì non ha colore”.
La sua amica Mary riuscì a ottenere da un giudice il permesso di assistere alle lezioni serali di una scuola frequentata solo da uomini bianchi, in modo da ottenere la specializzazione necessaria per la promozione a ingegnere e contribuire alla creazione della capsula spaziale.
Dorothy imparò da sola i processi di programmazione del nuovo calcolatore IBM grazie a un libro preso di nascosto in una biblioteca pubblica, da cui era stata cacciata perché il locale
era riservato ai bianchi.

Ci è piaciuto molto questo film, soprattutto perché dimostra che anche una sola persona può fare la differenza.

di Anna Amore e Valentina Ripani 3^B


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